mercoledì 26 ottobre 2016



È grazie a Batman che ho cominciato a leggere in maniera più assidua i fumetti. Grazie alle sue storie, ho avuto modo di avvicinarmi ai supereroi, all'Universo DC di cui sono tanto appassionato. E di Batman ho letto parecchio. Così tanto che dopo un po', mi ha stufato. Perché credo che con Batman sia stato fatto tutto: è stato un vampiro, una Lanterna Verde, Superman stesso, è stato un Cavaliere della Tavola Rotonda, un viaggiatore spaziale. Ancora, è stato spezzato, è morto, è tornato dalla morte e ha viaggiato nel tempo... insomma. Che cosa non è stato fatto con Batman? Quando ho visto che la DC avrebbe pubblicato Batman: Europa mi si è accesa la curiosità: un Batman fuori non solo dalla sua Gotham ma addirittura oltreoceano! Una speranza di poter leggere qualcosa di differente, di nuovo, scritto nientemeno che da un autore nostrano, Matteo Casali accompagnato dai layout (e dai disegni, per un capitolo) di Giuseppe Camuncoli. Ebbene, la mia speranza di leggere qualcosa di interessante, bello e soprattutto di nuovo non è stata affatto accontentata. Batman: Europa è un fumetto anonimo, che non racconta nulla di nuovo e che ha la sfortuna di avere una grossa somiglianza con Batman: Arkham City.

Ma andiamo per gradi e ricordiamo sempre che i gusti personali non si discutono.
Non parliamo di soggettività, però, su quanto affermato poc'anzi: Europa è praticamente Arkham City, con le dovute e ovvie differenze, ma la sostanza è praticamente quella: Batman e Joker sono affetti da un virus e sono costretti a collaborare per trovare una cura. In Arkham City, era Joker a iniettare il suo sangue nel corpo di Batman costringendolo a cercare una cura per lui mentre qui i due sono stati semplicemente manipolati da un misterioso nemico che, alla fine, si rivelerà essere un volto noto a noi lettori. La storia è abbastanza semplice, Batman e Joker viaggiano per l'Europa alla ricerca di una cura, visitando Berlino, Praga, Parigi e Roma. Alla fine, una volta scoperto l'identità del villain e delle sue motivazioni, sono rimasto come un fesso in quanto, a mio avviso, non ha il benché minimo senso per quel nemico agire in quel determinato modo per dimostrare ciò che voleva dimostrare. A discapito di quello che vuole essere l'opera completa, Europa, preso a sé stante è una storia scialba, povera, che si regge a malapena e che, soprattutto, non racconta nulla di nuovo né tanto meno riesce ad aggiungere un aspetto interessante alla narrazione.

Una narrazione che mi aspettavo ruotasse attorno ad un Batman in terra straniera, in una città che non fosse sua, totalmente spaesato ed indebolito... e invece no. Ogni numero, ambientato in una città differente, è semplicemente una guida turistica e contrappone quanto accade ai due protagonisti/rivali ad un paragone storico riguardo la città in questione. In maniera molto boriosa, aggiungerei. Volendo essere buoni, potrebbe anche risultare un'opera interessante da un punto di vista artistico  in quanto è sicuramente ben curato sia per i disegnatori coinvolti che per l'impaginazione, basti guardare l'impaginazione alla francese nella storia ambientata a Parigi (con dei disegni, che almeno a mio avviso, fanno venire soltanto il mal d'occhio, secondo me le qualità di Latorre sono andate sprecate per quel tipo di layout) ma manca una narrazione solida. In sostanza Batman: Europa è debole, è noioso e ad un lettore casuale può risultare anche pesante in quanto ha la pretenziosità (apparente?) di voler essere un fumetto per "palati fini". Forse io non avrò un palato fine, ma a me ha assolutamente annoiato e i dialoghi, fin troppo articolati per i miei gusti, hanno reso la lettura addirittura pesante.

Insomma, in poche parole, boccio completamente Batman: Europa in quanto lo reputo una guida turistica e non un fumetto e perché, nonostante le basi veramente interessanti, non ha sostanza. L'unico tema "Batmaniano" che affronta è il solito trito e ritrito rapporto tra Batman e Joker e di come uno possa sopravvivere solo grazie all'altro. Emozioni zero, noia tanta. Se volete comprarlo, spero che voi abbiate un palato più fine del mio.

giovedì 20 ottobre 2016


Quanto scritto di seguito sono commenti a caldo dopo aver visionato forse uno dei più bei film che questo 2016 ci ha regalato. E non parlo di film di genere, intendo dire il migliore tra tutti!


Prendo fiato, perché ammetto che è dura restare obiettivi e senza alcun tipo di emozione.
Da dove comincio? Sausage Party è un film di animazione sulla falsariga di un qualsiasi film della Pixar dove troviamo articoli da supermercato -per lo più cibo- parlanti intraprendere un'avventura esilarante e piene di emozioni. Cosa lo differenzia da un Cars o un Toy Story qualunque? Che non è un film per bambini, ovviamente - basti pensare che il protagonista è una salsiccia e il cattivo un irrigatore vaginale. Ah, e che sceneggiatura e produzione sono opera di Seth Rogen ed Evan Goldberg, da sempre una garanzia di qualità per film politicamente scorretti, mai banali e sempre sul pezzo.

C'è poco da riassumere con Sausage Party. Non starò qui a raccontare la solita trama perché credo che sia veramente inutile farlo, essendo un film che si presenta già di per sé come un qualcosa di originale, senza aver bisogno di introduzioni sulla trama. Scopritelo da soli! Parliamo piuttosto di cosa lo rende speciale. Innanzitutto, il cast è eccellente, abbiamo Seth Rogen, Kristen Wiig, Edward Norton, James Franco e Salma Hayek, per dirne alcuni. La storia è esilarante, piena di allusioni sessuali, razzismo, violenza e delle stupende tanto quanto spaventose scene da film horror dove praticamente non avviene assolutamente nulla di strano ma contestualizzate assumono un'ilarità non indifferente. Credo che se la Pixar non realizzasse film per la Disney, sarebbe proprio su questo genere che si muoverebbero. Film animati per adulti, con scene altamente demenziali e goliardiche (che funzionano!!!) e con tematiche tutt'altro che banali.

La tematica, ecco qualcosa di cui approfondire.
Sausage Party è un film che sostanzialmente demolisce la struttura morale della società americana per poi ricostruirla pezzo per pezzo e farci capire perché un semplice panino ha bisogno di credere che ci sia un al di là piuttosto che morte sicura. Nel farlo lancia un messaggio fondamentalmente di "leggerezza" e apertura mentale, di amore se vogliamo. Critica sociale, sì, che non dà ragione a nessuna delle parti, scagliandosi violentemente contro il terrorismo e non solo quello islamico. Non a caso, l'intera storia si svolge alla vigilia del 4 luglio. E la bellezza di tutto ciò è che, con le sue allusioni sessuali, con la rinnovata voglia di vedere i nostri due eroi finalmente far sesso, riesce a lanciare questa critica all'apparenza (se destrutturata) incoerente riuscendo ad intrattenere e, ai più sensibili, riflettere.

In definitiva.
Consiglio di guardare Sausage Party, meglio ancora se in lingua originale per non perdere eventuali doppi sensi che nel doppiaggio italiano spariranno o si riadatteranno male al 90%. Lo reputo un film imperdibile, geniale. Non farò spoiler ma ritengo che abbia la miglior sequenza finale di tutta la storia del cinema. Se non mi credete, guardate per credere. E se non siete d'accordo, siete dei fottuti stupidi.

domenica 16 ottobre 2016


Holy bat-trap, Batman!
Diciamoci la verità, da quando la DC Comics ha ottenuto i pieni diritti della serie TV di Batman del 1966 si è data parecchio da fare. Basti pensare le numerose action figures rilasciate, i cofanetti blue-ray, le repliche della Batmobile, i DLC di Batman: Arkham Knight per non menzionare la serie regolare a fumetti che può persino vantare di un crossover con Green Hornet scritto nientemeno che da Kevin Smith! Per non farci mancare altro, nel mese di ottobre è stato rilasciato un film animato, Batman: Return of the Caped Crusaders che vede il ritorno di Adam West, Burt Ward e Julie Newmar nei ruoli (di doppiaggio, ovviamente) rispettivamente di Batman, Robin e Catwoman in quella che, oltre ad essere una sorta di revival, risulta un vero e proprio omaggio alla famosissima serie se non addirittura all'intera storia editoriale e non del Cavaliere Oscuro! Come? Beh, scopriamolo assieme.

La storia è abbastanza semplice: Batman e Robin sono alle prese con le loro nemesi più famose, ovvero il Joker, Pinguino, Riddler e Catwoman i quali hanno rubato un'arma capace di duplicare tutto ciò che si desidera. Il Dinamico Duo ovviamente riesce a fermarli ma Batman viene drogato da Catwoman e poco a poco subisce una metamorfosi che arriverà a farlo diventare "cattivo". Semplice ed efficace, con numerosi grattacapi risolti in maniera del tutto casuale come la serie TV ci ha abituato (e per la quale ogni appassionato l'ha amata), tante battute tristemente divertenti e, ovviamente, le immancabili botte onomatopeiche! Holy faster pussycat, kill kill!

C'è ben poco da dire su Return of the Caped Crusaders. Non aspettiamoci il film animato serio e cupo bensì un'ora e mezza di demenzialità e nonsenso accompagnato da un doppiaggio a dir poco nostalgico per chi è cresciuto con (o ha conosciuto) le voci di Adam West e Burt Ward e la caratterizzazione iconica dei coloriti personaggi. Mancano giusto i baffi del Joker sotto il trucco ma per il resto è pura emozione. Quelli che non mancano invece sono i riferimenti alla serie (quello più geniale, riproporre le tre attrici che hanno interpretato Catwoman!) compresi i vari "holy..." di Burt Ward/Robin e alcuni nemici apparsi sporadicamente nel corso degli anni. Non sono da meno neanche i riferimenti esterni ad essa, come ho detto in partenza risulta un omaggio anche alla storia di Batman come icona pop, sfruttando l'espediente del Batman malvagio per esplorare il suo passaggio da eroe buonista e frivolo a quella versione cupa e oscura che è diventata nel corso della sua storia editoriale, arrivando persino a citare l'opera più famosa scritta da Frank Miller: Il Ritorno del Cavaliere Oscuro. Non basta? Ci sono riferimenti anche più nascosti, quello che ho più apprezzato (per simpatia, più che altro) è quello del recentissimo The Dark Knight Rises, terzo capitolo della trilogia di Christopher Nolan.

In definitiva.
Avete amato il Batman del 1966 e volete rievocare l'atmosfera demenziale e leggera che si respirava guardandone un episodio? Fa al caso vostro, non delude per nulla le aspettative. Godibile, simpatico e divertente. Ancora più bello è per i fan del Crociato Incappucciato che hanno la possibilità di poter analizzare la mutazione di Batman nel corso degli anni. E se guardandolo vi viene voglia di vederne ancora, la DC ha già annunciato un sequel per il 2017. La storia dovrebbe riguardare uno dei lost episodes della serie TV e vedrà l'introduzione di Harvey Dent, alias Due Facce. E io non vedo l'ora!


PS: sì, c'è anche il Batussi!


Solitamente quando si ricerca un horror ci si aspetta sempre un film che ci regali una tensione costante, che ci faccia saltare dalla sedia e che, a pellicola conclusa ci si renda conto di quanto quel film ci abbia realmente spaventato. Io sono un po' contrario a questa tipologia di film, ritengo che far spaventare le persone sia soggettivo, c'è chi si spaventa per una casa infestata e chi invece per un maniaco omicida in maschera, così come ci si spaventa per delle pentole lanciate per la cucina. Può funzionare ma anche no, il più delle volte è solo fine a sé stesso. Ciò che ricerco io in un film horror è una sorta di "tesi sulle fobie", quando una fobia viene analizzata dal punto di vista psicologico o almeno venga messa in risalto utilizzando espedienti quali entità sovrannaturali o eventi claustrofobici tendenti al realismo. Il film che voglio andare a recensire oggi non è per niente di questo genere, anzi si discosta per bene ed è un film quasi interamente incentrata sulla tensione. Man in the Dark è il titolo dato in Italia per Don't Breathe (più azzeccato del titolo in italiano, poi andrò a spiegare perché), film diretto da Fede Alvarez già conosciuto per aver diretto il remake di Evil Dead (La Casa) e la serie tv Dal tramonto all'alba, ed è a mio avviso uno dei migliori film horror usciti in questo 2016.

La trama del film è veramente molto semplice: Money, Alex e Rocky sono tre ragazzi di Detroit che si dilettano a svaligiare case per accumulare abbastanza soldi per riuscire a fuggire dalla città. Quando scoprono che un vecchio cieco veterano di guerra nasconde una enorme quantità di denaro nella sua casa, posta in un quartiere completamente disabitato, i tre decidono di compiere l'ultimo colpo della loro vita. Durante il furto, però, l'uomo li scopre e i tre dovranno vedersela con lui. E qui mi fermerò evitando spoiler perché, a mio avviso, dovreste godervelo poco a poco, senza sapere oltre.

Qual è la particolarità di questo film?
Una trama più che semplice e una caratterizzazione dei personaggi povera riescono a rendere un film più che interessante. Don't Breathe è l'esempio calzante di come un film possa riuscire bene nonostante si utilizzino pochi elementi, quanto bastano per dare un senso all'intero contesto senza dover necessariamente inserire mille spiegazioni a cosa stia accadendo intorno. Il film si muove su dei binari a velocità spedita, molte scene sappiamo già come andranno a finire ma non sappiamo mai quale strada imboccherà. Una scena di tensione, almeno secondo il mio punto di vista, funziona quando si sa sfruttare bene il cosiddetto jump-scare nei momenti più inaspettati - o non farlo avvenire quando ce lo si aspetta... e Don't Breathe ci riesce alla perfezione. Continuo a riferirmi al film col titolo originale non perché sono un hater di tutto ciò che gli italiani fanno su titoli dei film americani ma perché a mio avviso, anche il titolo gioca il suo ruolo: invito chiunque a guardare questo film tenendo bene a mente che il titolo originale è Non respirare anziché L'uomo nel buio... poi capirete la differenza. Se non aumenterà la vostra tensione, sarà puramente soggettivo. A me ha fatto restare tutto il tempo col fiato sospeso, immedesimandomi in dei personaggi che in un primo momento sai bene che non dovresti fare il tifo per loro (stanno svaligiando sempre una casa) ma più avanti si va col film, più avviene quel senso di immancabile immedesimazione nei protagonisti... fino alla fine.

In definitiva.
Come già detto in partenza, reputo Don't Breathe uno dei migliori film horror di quest'anno. Con una trama semplicissima e un ottimo lavoro di regia si è fatto veramente tanto dandoci la dimostrazione che non c'è bisogno di esagerare con effetti sonori o atmosfere per regalarci qualche brivido. Una buona regia e un buon lavoro sulla sceneggiatura, che non manca affatto di colpi di scena e approfondimenti (sempre semplicistici e funzionali!), possono rendere un film più che spettacolare e risultare godibile anche a chi dell'horror ha una diversa concezione. Consigliato.


lunedì 10 ottobre 2016



Restò fermo a leggere il cartello appeso all’ascensore: “Fuori servizio”. Mario aveva appena staccato dal lavoro che odiava, da quel luogo in cui aleggiava un tanfo così forte da causargli nausea. Ma doveva pur mantenere uno scopo nella sua vita e quella sera in particolare la giornata era stata più dura del solito, tanto da portarsi dietro quel puzzo fin nell’androne del condominio in cui abitava. E l’ascensore era fuori servizio per la sesta settimana consecutiva. Forse sarebbe stato il caso di fare un reclamo all’amministratore, ma se il suo condominio avesse avuto o meno un amministratore Mario non lo sapeva, non era mai solito lamentarsi e anche stavolta avrebbe percorso i suoi otto piani a piedi e a testa bassa, senza nemmeno un accenno di lamento. Giunse a fatica fino alla porta di casa. La targhetta segnava il suo cognome, “Rossi”. Mario Rossi, un nome qualunque per una persona qualunque.

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domenica 9 ottobre 2016



È passato un anno da quando la famosa e fortunata saga videoludica della Capcom Dead Rising ha visto il debutto della sua prima trasposizione su pellicola con Dead Rising: Watchtower, film di cui ho già avuto modo di parlare nel settembre 2015. Settembre 2016 ha visto il debutto, sempre per mercato digitale e home video, del sequel: Dead Rising: Endgame. Del primo film ne parlai benissimo, descrissi come a mio avviso non si presentasse come un buon film su di un videogioco bensì come uno dei migliori film di zombie. La critica e la fanbase di Dead Rising, però non è stata d'accordo con me, andandolo a stroncare completamente. Gusti, ovviamente. Ciò nonostante, il finale del primo film era aperto ad un sequel... ed eccolo qua. Con Tim Carter ancora alla sceneggiatura, la regia passa a Pat Williams. È stato fatto un buon lavoro? Andiamolo a scoprire.

Ricordate come finì Watchtower? Vi consiglio un re-watch perché la trama parte direttamente da lì, due anni dopo il finale del primo film, con Chase Carter (interpretato sempre dal buon Jesse Metcalfe) ancora alla ricerca della sua collega scomparsa Jordan Blair e l'esercito americano che ha oramai preso il controllo totale sulla popolazione americana con i suoi chip carichi dell'antidoto Zombrex impiantati in tutti i cittadini. Compito di Chase diventa quindi, non solo scoprire che fine abbia fatto Jordan, ma smascherare i loschi piani dell'esercito e fermare una misteriosa operazione chiamata Afterlife. E per farlo, dovranno vedersela con l'intelligence militare e una nuova razza di zombie.

Ebbene sì, una trama completamente differente da quella del primo film e se da una parte ci potrebbe anche stare, per certi versi fa un po' storcere il naso. Ma andiamo per gradi. Il primo film, Watchtower, si può dire che abbia soltanto gettato i semi per la costruzione di un universo narrativo più complesso, permettendo così di esplorare più a fondo il "problema zombie". Ora non sono a conoscenza di quanto sia esplorato a dovere l'universo all'interno del videogioco, fatto sta che a mio parere (da amante di film zombie) questa cosa stona parecchio, ma volendo essere meno critico, potrebbe anche starci. Il primo film si basava sulla semplice sopravvivenza dei protagonisti, ripetere la solita forma sarebbe stato molto azzardata in mancanza di idee innovative, tutte esaurite a mio avviso già nel primo film con la costruzione di armi e gli omicidi fantasiosi, quindi ben venga un cambio di rotta. Poi arrivano gli esperimenti sugli zombie e qui cominciano ad arrivare gli zombie che corrono, cosa che personalmente odio con tutto me stesso e che mi allontana dall'avere un parere oggettivo sull'argomento. Ci può stare? Secondo me, no. Vaffanculo agli zombie che fanno jogging. Endgame si allontana dall'idea Romeriana degli zombie (quelli lenti e che di tanto in tanto manifestano intelligenza tale da utilizzare armi di varia natura) e abbraccia quella vaccata di morte frenetica giustificandola come esperimenti. Proprio no.

Sfogo a parte, vorrei quanto meno restare obiettivo.
Dead Rising: Endgame è, tutto sommato, un film realizzato discretamente ma ha numerose pecche e su tutte la mancanza di un'anima, di una personalità. Watchtower si reggeva su un'ironia sottile, quasi misantropa e senza cura di regalare buonismo random, qui di questa ironia non c'è traccia - forse forse nella scena della bambina zombie ma nient'altro. Poi, il cambio di rotta è ben accettato pur se si fosse trovato qualche espediente interessante, ma qui non c'è. Endgame è solo un film in cui seguiamo i protagonisti fuggire e completare la missione. Nessun phatos, nessun colpo di scena. Niente di niente. Resteranno delusi chi si aspetterà un film di zombie, qui appaiono in totale per 20 minuti e di omicidi fantasiosi e/o armi assurde ce ne sono pochissime. Tutto il resto è una palla, esploriamo un universo narrativo che, personalmente, non sentivo ce ne fosse bisogno. A dare la mazzata finale a questo film sono sia le quasi 2 ore del primo film ridotte a dei miseri 90 minuti che gli zombie che corrono e saltano le auto. Ah, ma erano sperimenti, scusate.


lunedì 3 ottobre 2016



Nella tua vita, ti hanno raccontato decine di storie, ma quante di queste erano realmente senza pietà?
Questo è quanto recita il retro di copertina di Storie Brevi e Senza Pietà e se dovessi rispondere a questa domanda sarebbe nessuna. Regalatomi da una mia amica, Storie brevi e senza pietà è un fumetto realizzato da Marco Taddei e Simone Angelini, che già collaborano insieme per vari progetti e di cui io ero a conoscenza del solo Anubi. Di Storie brevi e senza pietà, invece, non ne avevo mai sentito parlare. E se di mio, Anubi non mi ha mai entusiasmato più di tanto, questo volume mi ha dato una reazione totalmente opposta. In un primo momento, mi ha affascinato per i disegni, leggendolo mi ha colpito sempre più, man mano che sono andato avanti con le pagine. Senza perdere tempo, dunque, andiamo a vedere di cosa si tratta.

Storie Brevi e Senza Pietà è un titolo più che azzeccato visto che raccoglie 9 storie autoconclusive, brevi e con finali amari, senza pietà, appunto. Si parla di una strana razza mutante che vive per almeno due generazioni sulla riva di un paesino,di un uomo seduto al bar a bere Campari, di una invasione di gatti, di un anziano intento a far crescere una agave. E ancora, di un re così pigro da farsi tagliare le mani, dell'esodo, dell'ultimo dinosauro rimasto in vita, di un angelo caduto in un pozzo e, infine, della giornata tipo di un uomo qualunque. Non c'è un vero e proprio tema riguardo ogni singola storia, ognuna è a sé stante, ognuna col suo stile di disegno appropriato. Qualche storia narra di un'avventura - alcune avvengono, altre no. E i finali sono sempre amari, anche quando vige l'ottimismo e si lascia presagire un lieto fine.

Una lettura cinica che, nonostante i temi affrontati e la narrazione tutt'altro che leggera, risulta scorrevole e interessante, intrinseca di una poetica straziante tanto quanto malinconica. E non si limita soltanto a descrivere lo squallore e/o la crudeltà dell'essere umano, ma della società stessa, di come questa funzioni e, a parer mio, questa viene rappresentata alla perfezione nel primo racconto. Il resto è puro cinismo, e non di quelli distruttivi... semplicemente è la pura realtà. Proprio per questo sono senza pietà, i due autori non ci parlano di un punto di vista che possa essere condivisibile o meno, ma della semplice e pura realtà, così com'è. E se qualcuno di noi è come l'anziano che a tutti i costi insegue ciò in cui crede, se una invasione di gatti avverrebbe tutti noi ci ritroveremmo inermi, senza sapere cosa fare.