domenica 20 settembre 2015



In questo post mi cimenterò in qualcosa di arduo: quadrupla recensione!
Ciò di cui andrò a parlare è palese nel titolo: la trilogia Millennium di Stieg Larsson, ma non solo valutando i tre libri, bensì tutte le opere ricavatene, o quasi tutte, diciamo quelle che ho avuto tra le mani - la cui foto sotto. Millennium è composto principalmente da tre libri: Uomini che odiano le donneLa ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta, in questa recensione andrò a parlare, tenendo sempre come punto di riferimento l'opera originaria:
  • della serie TV prodotta in Svezia con Noomi Rapace e Mikael Nyqvist;
  • del film americano diretto da David Fincher con Rooney Mara e Daniel Craig;
  • del primo volume a fumetti, edito in Francia, Uomini che odiano le donne di Runberg & Homs;
  • dell'intera trilogia a fumetti, edita negli USA dalla Vertigo, di Denise Mina.

L'opera di Stieg Larsson è indubbiamente una delle più famose e di successo di inizio millennio, anche se spesso e volentieri c'è chi la definisce un pelino sopravvalutata, bello sì ma non 'sto granché, insomma. Prima di andare alle mie conclusioni, uno sguardo all'intera trilogia non fa mai male, sia per chi vuol rinfrescarsi la memoria, sia per chi voglia provare a leggerla per intero. Le vicende dei tre romanzi si svolgono in Svezia e vede come protagonisti Mikael Blomkovist, noto giornalista di una rivista economica - Millennium, appunto - e Lisbeth Salander, misteriosa hacker affetta da Sindrome di Asperger e descritta principalmente con uno stile ribelle e alternativo, piena di piercing e tatuaggi. In America, Uomini che odiano le donne è divenuto The Girl with the Dragon Tattoo proprio per via di uno dei tatuaggi di Lisbeth, un enorme drago che ricopre tutta la schiena; questo titolo, inoltre, è stato dato anche per rimarcare il fatto che, a conti fatti, in Millennium sia Lisbeth la protagonista assoluta. Infatti, anche se in Uomini che odiano le donne la trama si sposta principalmente sul caso della scomparsa di Harriett Vanger a Hedestad, concentrandosi maggiormente su Blomkovist, la figura di Lisbeth è sin dagli inizi enigmatica e accentratrice, poco vien detto su di lei eppure è la figura che manda avanti l'intero romanzo. Di Lisbeth, quindi, in un primo momento si sa ben poco ma è nel secondo romanzo, La ragazza che giocava con il fuoco, dove si viene a conoscenza della sua intera storia e di conseguenza viene conosciuta più a fondo. Qui, a differenza di Uomini che odiano le donne, le vicende vengono mosse principalmente da Blomkovist e dalla sua vicenda sul trafficking, in un intreccio tra trame surreale ma abbastanza lineare, e io giudico La ragazza che giocava con il fuoco un libro di transizione in quanto, alla conclusione del romanzo si salta direttamente a La regina dei castelli di carta, dove ci si concentra ancora una volta sul personaggio di Lisbeth, costretta a vedersela con il suo passato.

La particolarità di Millennium non sta tanto nella costruzione delle storie e degli intrighi, ma quanto più sui personaggi. Se da una parte l'andamento delle storie può risultare un po' ai limiti dell'assurdo, la descrizione di ogni singolo personaggio è quasi impeccabile. Ciò che riuscì a fare Larsson con i suoi personaggi fu un lavoro veramente encomiabile, riuscendo a dare loro uno spessore ma soprattutto una storia e non soltanto applicandolo ai protagonisti, ma anche ai comprimari e alle piccole comparse. In linea di massima, non dico sia sbagliato concentrare l'intera trilogia sul personaggio di Lisbeth: lei resta comunque la protagonista assoluta e forse uno dei personaggi femminili più tosti dell'immaginario collettivo, ma toccherebbe anche soffermarsi su ogni singolo personaggio, anche quelli apparsi per pochi capitoli, notare come siano ben dettagliati per il ruolo che devono andare a ricoprire, senza mai sfigurare o soccombere al carisma dei protagonisti, per riuscire ad apprezzare veramente il lavoro di Larsson.

Però, nulla è tutto bello e devo dire che Larsson è più volte caduto in una spirale senza fine di assurdità lavorando troppo di fantasia. Se in Uomini che odiano le donne l'assurdo era un po' la chiave dell'intera narrazione, facendo agire i personaggi in una maniera abbastanza coerente con ciò che avverrebbe nella realtà, dalla seconda parte in poi si cade in una serie di forzate coincidenze che, per carità funzionano anche e possono trovare il loro senso, ma il numero di queste comincia a divenire abbastanza ridicolo. La ragazza che giocava con il fuoco lo considero il meno scorrevole della trilogia; interessante, sì, ha i suoi momenti in cui riesce a tenere col fiato sospeso, ma in generale è molto, molto lento. Lo stile di scrittura di Larsson, poi, è a tratti pesante. Troppo descrittivo non è proprio l'accusa che gli si potrebbe andare a rinfacciare (anche se sarebbe corretto!), ma ci sono decisamente troppi paragrafi o interi capitoli inutili. La sua ricerca di procedere sempre per due o tre trame parallele funziona, non risulta mai ripetitivo sebbene ci provi in tutti e tre libri, solo che è capace di soffermarsi su particolari inutili, come quali pensieri i protagonisti facciano sul tramezzino che stanno mangiando (davvero, eh) e cose così. Questa innata voglia di descrivere ogni singola azione dei personaggi è presente in tutti e tre libri, ma è nel secondo in cui se ne sente la pesantezza. Diverso il discorso, invece, è per il terzo capitolo, La regina dei castelli di carta il quale, devo dire, è riuscito a tenermi sulle spine dall'inizio alla fine in tutte le sottotrame presentate. Però, sostanzialmente, il finale è quasi amaro, dove da una parte fa chiudere in maniera quasi superficiale una questione lasciata in sospeso mentre, dall'altra, non si ha la benché minima idea di dove si voglia andare a parare con la relazione di Lisbeth e Mikael, il quale sarebbe dovuta essere approfondita, ma chissà cosa è contenuto in quegli appunti di Larsson per il quarto capitolo della saga, mai pubblicato vista la sua prematura scomparsa.

In linea di massima, ciò che penso della trilogia è che sia un'opera che meriti il successo che ha avuto. Non posso dire se sia sopravvalutato o meno, non leggo molti gialli, ciò che posso affermare con certezza, comunque, è che Uomini che odiano le donne è nettamente superiore le altre due opere. Il secondo libro è palloso e pesante per quanto sia bello, mentre il terzo è sì avvincente ma ai limiti dell'assurdo (persone che muoiono d'infarto davanti a tutti, sparatorie in pieno centro e di giorno, rapporti sessuali che avvengono con estrema facilità, e così via). Uomini che odiano le donne, invece, è un racconto completo. Ha un inizio e una fine, e per quanto tratti il personaggio di Lisbeth in maniera sommaria lasciandole un alone di mistero, è perfetto così com'è. Tra l'altro, è l'unico della trilogia che non ha un finale frettoloso. Ma al di là di ogni cosa, tralasciando ogni singola parte, l'intera opera di Millennium rimarrà nel mio cuore guardandola nel suo complesso con ciò che Larsson ha tentato di trasmettere. Al di là della non celata critica al sistema politico ed economico svedese, l'elemento principale che spicca è la sua totale disgregazione della mentalità sessista, cosa che io condivido a pieno essendo un argomento che mi sta molto a cuore. Larsson rilascia nell'intera opera un elemento fortemente anti-sessista, che può essere erroneamente considerato femminista ma, se si va ad analizzare ogni personaggio nella propria integrità si evince come ciò che tenta di fare è mettere Lisbeth e Mikael sullo stesso piano. L'elemento del sesso è presente praticamente in tutti e tre i libri e, come ho già detto, si arriva anche a far sesso con una facilità estrema, ma il tutto è coerente col pensiero dell'autore e di cosa lui stia cercando di far trasmettere, ossia una totale elasticità mentale, quasi a dirsi libera. Sia Blomkovist che Salander sono due personaggi che vanno a letto con chiunque gli capiti, senza farsi problemi. La relazione tra Erika e Mikael, poi, è un'altra espressione del pensiero di Larsson, rimarcata poi quando si va ad esplorare il rapporto della prima con il marito, consensuale al rapporto della moglie con Mikael e apertamente bisessuale. Larsson, in linea di massima, vuole dare da una parte una figura femminile forte e autonoma, ma dall'altra fare in modo di sottolineare che quello che può essere considerato un discorso preconfezionato di figura autorevole femminile è in realtà una linea di pensiero anti-sessista, atta a sgretolare ogni concetto banale e scontato pro e anti femminista e/o maschilista. Il titolo del primo libro, Uomini che odiano le donne, così come la tematica, non è appunto tirato in ballo a caso. Questo, come detto, è un argomento che mi sta molto a cuore ed è il motivo unico per cui reputo Millennium una delle mie opere preferite, passando sopra il fatto che possa essere a tratti assurdo e un po' troppo tirato per le lunghe.

Made in Sweden: la serie TV.
E qui, senza addentrarci troppo e dilungarci, possiamo prima presentare la serie e poi parlarne approfonditamente. Millennium è composta da 6 episodi, due per capitoli di 1 ora e mezza ciascuno e come elementi degni di nota sono: gli attori scelti per il ruolo dei protagonisti e l'inserimento nel cast di Paolo Roberto, vero pugile svedese di origini italiane inserito da Larsson nel romanzo e che nella serie interpreta proprio sé stesso. Il resto, fine. Davvero, non voglio proprio soffermarmi su ogni singolo episodio perché non ne uscirei più, ma non capisco come si faccia a considerare questa mini-serie un capolavoro. Approssimativo in una maniera assurda, recitazione pessima e dialoghi buttati un po' a caso. Chi segue il mio blog e in genere chi mi conosce, sa quanto non mi piaccia parlar male di qualcosa, ma davvero proprio non è riuscita a scendermi giù. Gli attori scelti per il ruolo di Mikael e Lisbeth, Mikael Nyqvist e Noomi Rapace riescono comunque a star su anche se non rispecchiano molto le loro controparti cartacee, soprattutto la Rapace che in abiti goth e truccata pesantemente è pressapoco ridicola e poco rispecchia la Lisbeth del romanzo. Nyqvist, invece, recita il suo ruolo in maniera abbastanza convincente, diciamo che "ce lo vedo bene nella parte", peccato che come ho già detto l'intera serie TV è molto approssimativa e i personaggi sono abbastanza anonimi e poco caratterizzati. Qui vale il solito discorso che ogni film tratto da romanzo non può essere fedele all'opera originale il ché ci sta eh, solo che essere fedeli a qualcosa di cartaceo è quasi improbabile. Diciamo che vedere la serie Millennium è per imparare a capire perché i romanzi si riadattano al massimo, con qualche evidente modifica e per forza di cose. Ciò che qui si cerca di fare è appunto riproporre esattamente ciò che accade nel romanzo... in sole tre ore. Il risultato è che La regina dei castelli di carta si manda avanti a fatica e distrugge sostanzialmente quanto fatto almeno discretamente nei primi due capitoli proprio perché, appunto, la gestione frettolosa dei primi due capitoli ha tenuto da parte alcuni elementi e ne ha tagliati il doppio nella terza parte. Terza parte che manda all'aria completamente la serie. Ma amen. Reputo la trilogia svedese un qualcosa di mediocre, sia in rapporto di comparazione con la trilogia letteraria che come sistema di valutazione globale. Una mini-serie che è proprio adatta alla TV, senza tante pretese, con un cast a tratti azzeccato e a tratti no.

David Fincher, Daniel Craig e Rooney Mara.
Ora, sarà anche vero che forse il mio parere è condizionato dal fatto che è stato Uomini che odiano le donne di Fincher ad avvicinarmi all'opera, ma se devo pensare in maniera obiettiva, non mi sarei mai avvicinato ai romanzi dopo aver visto la serie. Molto più fedele al romanzo, parlando più di ambientazioni che altro, degli attori decisamente più capaci e un ottimo regista. E qui credo proprio di non sapere cos'altro aggiungere. Daniel Craig è comunque azzeccato nella parte di Blomkovist, anche se perde quell'aria da bell'uomo che viene descritta nel romanzo, mentre Rooney Mara - e qui non me ne vogliano gli amanti della serie TV - è decisamente più azzeccata di Noomi Rapace. Di costituzione fisica, di aspetto, tutto. Rooney Mara riesce a trasformarsi completamente in Lisbeth Salander ed è molto più fedele la sua caratterizzazione nel film di Fincher che nella serie svedese. Certo, anche qui ci sono delle notevoli differenze rispetto al romanzo, ma se non altro, l'ambientazione, il messaggio del film in genere così come la rappresentazione di Lisbeth sono decisamente più riuscite. Un film il cui successo è meritatissimo ma che purtroppo non costituirà una trilogia a causa di divergenze creative, nonostante gli studi cinematografici abbiano speso una notevole cifra per finanziare il progetto.


Millennium, Vol. 1: Uomini che odiano le donne di Runberg & Homs.
Sopravvalutato o meno, Millennium ha comunque ricevuto un notevole successo, tale da dedicargli anche un fumetto. Quello di Runberg e Homs è francese, ed è stato pubblicato nel 2013 ma purtroppo in Italia è arrivata solo la prima parte, con un futuro incerto sugli altri due romanzi. Per quanto riguarda quest'opera, c'è ben poco da dire: dei disegni molto belli, una cura dei dettagli sia a livello grafico che di disegno veramente eccezionali e una storia che si regge, tiene fede all'opera originale e riesce anche ad inserire nuovi elementi, come la comparsa della sorella di Lisbeth che nei libri non c'è ma la si nomina solamente, che... beh, a me è piaciuta parecchio. Un'aggiunta che non stona perché nella sua interezza è un fumetto che veramente è ben fatto. Certo, i tratti possono sembrare un po' troppo caricaturali e forse c'è ben troppo colore, in quella che dovrebbe essere un'opera più cupa, ma in linea di massima funziona alla grande. Un fumetto di cui consiglio vivamente la lettura, se si è amati il libro, questo primo volume non delude le aspettative. Sottolineo, "se avete letto il libro", in quanto, per quanto sia bello, resta parecchio riassuntivo.

I fumetti della Vertigo, di Denise Mina.
Di questo ne parlai già tempo fa, esattamente qui. Ma se nella precedente recensione mi sono soffermato sul primo romanzo, diviso occasionalmente in due parti, oggi parlerò dell'opera completa. Come già detto nel precedente post, The Girl with the Dragon Tattoo si salva solamente per le copertine di Lee Bermejo e per i disegni in generale. Denise Mina, che comunque si è fatta notare in passato scrivendo alcune storie per Hellblazer, non riesce molto bene a trasporre il romanzo, sebbene abbia addirittura ben due volumi per farlo. Oltre a una pesante censura riguardante lo stupro della quale non trovo spiegazioni, la figura di Lisbeth qui è veramente estremizzata, ma non nel senso favorevole alla figura originaria del romanzo, ma in maniera stravolta. Il personaggio di Lisbeth, qui, viene fin troppo americanizzato; sì donna forte e autorevole ma niente lato fragile, niente umanizzazione. Onde evitare di ripetermi, ricopio qui quanto scritto nella recensione di qualche mese fa.
Se nel libro Lisbeth viene messa in risalto per il suo modo di fare taciturno e per il suo evidente problema di autismo, Denise Mina ha deciso che Lisbeth deve essere un personaggio autonomo e non convenzionale. In poche parole, prende il personaggio unico di Lisbeth e lo trasforma in un anti-eroe quasi conformista, con spiccate doti sociali e una psicologia indipendente che, levati, non ha bisogno di niente e di nessuno.
Il discorso, tuttavia, si discosta di parecchio nel secondo volume, The Girl who Played with Fire dove stranamente niente viene stravolto e in un unico volume si riesce a raccontare per filo e per segno tutti gli avvenimenti del romanzo (che in questo caso è, appunto La ragazza che giocava con il fuoco). Stesso discorso vale per la terza parte, The Girl who Kicked the Hornet's Nest, il quale riesce ad essere estremamente fedele all'opera originaria, anche se moltissime parti sono velocizzate e ridotte al minimo e alcuni passaggi vengono messi da parte o in altri casi addirittura semplificati.


In linea di massima, le trasposizioni della Vertigo ottengono dei pareri contrastanti. Con Lee Bermejo alle copertine e Leonardo Manco e Andrea Mutti ai disegni (rispettivamente, il primo per le parti di Lisbeth e il secondo di Blomkovist), l'opera dovrebbe avere come punto di forza il lato artistico, vale a dire i disegni e il discorso regge alla perfezione se prendiamo in esame le due parti de The Girl with the Dragon Tattoo. Le altre due parti, invece, subiscono un calo enorme. The Girl with the Dragon Tattoo ha una marcia in più rispetto ai suoi successori, e se The Girl who Played with Fire presenta una trasposizione più fedele con dei disegni inferiori - ma non poco curati, in The Girl who Kicked the Hornet's Nest il discorso va al rovescio, sì alla trasposizione fedele ma disegni poco elaborati, un'impaginazione poco fantasiosa, mancanza di quelle splash-page che in The Girl with the Dragon Tattoo vede il proprio punto di forza, insomma brutto da guardare, un fumetto decisamente mediocre. A questo andiamo ad aggiungerci che la storia ha ben poca fluidità, troppi dialoghi e troppe cose poco approfondite - ma ci sta, se valutiamo che La regina dei castelli di carta son ben 800 pagine di romanzo e il fumetto tenta di riassumere il tutto in poco più di 200. Il tutto sarebbe stato facilmente gestibile se ogni romanzo fosse stato diviso in due parti, ma è innegabile che nella trilogia Millennium è proprio Uomini che odiano le donne ad aver avuto maggior successo commerciale, e di conseguenza è proprio questa l'opera di maggior rilievo ma soprattutto qualità in tutta la trilogia - stravolgimento del personaggio di Lisbeth a parte che, ribadisco, a me non è piaciuto, ma credo che siano gusti, dopo tutto.

Conclusioni.
Ed eccoci qua. Una lunga recensione per un'opera che ho amato così tanto da voler completare una collezione che - tanto per il gusto di ripetermi - ho apprezzato veramente parecchio per il suo messaggio anti-sessista attraverso l'utilizzo di due personaggi al di sopra di ogni preconcetto. Uno un giornalista economico medio-borghese, l'altro una ragazza disadattata dal look un po' troppo sopra le righe e vistoso, ma che insieme rappresentano due facce di una stessa medaglia atte a rompere ogni pregiudizio o concetto preconfezionato. Un'opera che, sopravvalutata o meno, ha certamente una sua identità, che ha meritato almeno in parte il successo che ha avuto. Ritengo sia un peccato non riuscire ad avere ancora in Italia gli altri volumi a fumetti di Runberg e Homs (e io, purtroppo, il francese non lo so!), ma pazienza. Ci rivedremo tra queste pagine se mai in futuro vedranno la luce. O vedrà la luce qualche altra opera derivante Millennium.

3 commenti:

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  2. Se posso ti consiglierei: "Io e Stieg" di Eva Gabrielsson, sua moglie.

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    1. Ne ero totalmente all'oscuro. Grazie mille, è già nei miei prossimi acquisti!

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