martedì 9 giugno 2015



Quante storie avete letto di Wonder Woman?
Che siano "tutte" o solo quelle importanti, la run di Azzarello rientra a mani basse fra le migliori storie di Wonder Woman mai raccontate. E non parliamo di una run come quella di Straczinsky con Odissea, che ben riuscito a celebrare la storia di Diana donandole un nuovo appeal, e nemmeno di un George Pérez o di un qualsiasi autore che sia approdato su Wonder Woman e abbia fatto bene. Azzarello, in una run durata ben tre anni è riuscito ridefinire l'eroina ridimensionandola e allo stesso tempo celebrarla inserendo lei stessa e la mitologia da cui il personaggio stesso deriva nell'epoca moderna.

Quando nel 2011 la DC Comics rilanciò tutte le sue testate ai numeri uno, cancellando quanto fatto finora in 75 anni, Wonder Woman non fece parte di quei pochi (Batman e Lanterna Verde) che non dovettero subire l'azzeramento totale. Forte dall'ultima run già sopra citata di Straczinsky, la DC Comics ebbe la buona idea di affidare l'eroina ad Azzarello e al suo collega disegnatore Cliff Chiang la testata dandogli campo libero, senza dover a tutti i costi far partecipare la testata ai vari crossover e agire di testa sua. Il risultato è un'opera al pieno del suo potenziale, che la sua interezza va esplorata sin dalle prime pagine dei primi numeri, cosa che va scovata ovviamente una volta rilettasi l'intera opera (cosa che io ho fatto) sia dal punto di vista narrativo, che stilistico che nella caratterizzazione dei personaggi. Ma andiamo per gradi, senza correre troppo.

La storia.
La storia di Azzarello parte su uno scenario desolato, una casetta sperduta in Virginia e una strana donna che decapita dei cavalli per poi farli rinascere come centauri solo per uccidere una giovane donna, Zola. Al suo fianco, uno strano uomo blu con i piedi d'uccello, Ermes il messaggero degli dèi, che mette in salvo la donna inviandola da Wonder Woman la quale mette alla fuga i due centauri e inizia così la sua missione. Scopre, così, che Zola porta in grembo l'ultimo figlio di Zeus, il quale è ben noto per le sue scappatelle terrene già nella mitologia, e viene a sapere non solo che proprio Zeus è scomparso ma anche di una profezia che vede un trono dell'Olimpo minacciato da un nuovo dio che ne ucciderà un altro. Per questo, sulle tracce del bambino non ancora nato di Zola ci sono Era, la quale ha come missione l'uccisione di ogni figlio bastardo nato da una relazione fedifraga del marito infedele, e Apollo il quale ambisce al trono stesso ponendo fine alla vita del bambino in modo tale da cancellare la profezia. Abbiamo, quindi, una prima fase della storia dove si andranno a scoprire i personaggi quali ruoteranno attorno alla storia (Diana, Zola, il fratellastro Lennox sempre nato da una relazione di Zeus con una mortale), le rivisitazioni degli dèi del Pantheon riadattati visivamente all'epoca moderna, e infine vengono rivelati i legami di sangue, ovvero una sorta di presentazione alle varie faide familiari che magari chi conosce la mitologia ne è già a conoscenza. Ultima ma non ultima, infine, vengono svelate le nuove origini di Diana, ovvero non più una statua di argilla ma figlia di Zeus e Ippolita.

Dopo aver esplorato l'Olimpo, l'Ade e fatto conoscenza col Re dei Mari, la seconda parte vede l'introduzione del villain, il Primogenito, colui che darà filo da torcere all'Amazzone e che reclama l'Olimpo per sé. Nel mentre, Azzarello decide di introdurre anche una chicca, ovvero i Nuovi Dèi di Nuova Genesi, nello specificio Orion il quale si risulterà un perfetto alleato per Diana e soci. Con l'aiuto di quest'ultimo, infatti, la seconda fase si conclude con la prima caduta del Primo Genito e il passaggio di ruolo di dio della Guerra da Ares a Diana. Infine, c'è una terza fase che avrà come centralità la preparazione della guerra e il rivelarsi della profezia già narrata nel primo numero. Non mancano i colpi di scena nel finale, uno di quelli che davvero è capace di creare un nodo alla gola, non tanto per le emozioni che riesce a dare anche per la capacità con cui, alla fine e con un po' di memoria ricordandosi frasi dette e avvenimenti nei numeri precedenti, tutto scorre in maniera logica e soprattutto coerente. [SPOILER] Atena, l'unica dèa lasciata da parte in tutta la storia e di cui si fa solo un accenno a metà storia, si rivela essere Zola anche se questa ne è ignara, mentre il suo figlio, Zeke, altri non è che una reincarnazione di Zeus, tutto questo solo per il suo semplice "sfizio", uno di quegli infiniti giochi da immortali che noi non potremo mai capire perché "non sappiamo cosa voglia dire convivere con l'immortalità", proprio come accadeva nei vecchi canti greci. [FINE SPOILER]

I personaggi.
La vera chicca di questa run, oltre alla coerenza e alla linearità narrativa, è nello sviluppo dei personaggi. Non solo perché ogni personaggio ha una sua individualità forte e incisiva ma anche il modo in cui questi interagiscono in maniera del tutto naturale tra loro. Questo crea dei siparietti divertentissimi tra, per esempio, Diana e Orion o Zola ed Era quando quest'ultima viene tramutata in mortale da Apollo e, paradossalmente, diviene amica della stessa ragazza che aveva tentato di uccidere. Personaggio di Zola che, alla fin fine, è protagonista assoluta capace di incidere positivamente su Diana stessa, dotata di una forza tanto quanto lo è la principessa delle Amazzoni anche senza mai entrare veramente in battaglia. Ben fatto anche la capacità di rendere questi personaggi completi, ovvero non soltanto mostrati unilateralmente, ma anche nei loro difetti oserei dire nella loro completezza. Non c'è personaggio che questi non vengano messi in discussione, Era compresa pur trattandosi di una dèa e ovviamente anche la protagonista Wonder Woman che dovrà fare i conti più volte con i suoi toni troppo freddi e autoritari che infastidiranno un po' tutti. Vorrei poter continuare, ma rischierei veramente di soffermarmi su ogni singolo personaggio, cosa che non voglio fare per problemi di spazio. L'unica nota la voglio spendere su Eris, dea della discordia, una figura onnipresente che crea solo casini ovunque vada che definire neutrale non è neanche giusto. Come giusto che un dio faccia, agisce solo per la sua natura e suo divertimento, il ché rende tutto più stuzzichevole.

Il "cattivone di turno".
E il personaggio del Primogenito merita un paragrafo tutto suo. Introdurre nuovi personaggi è un azzardo, così come ridefinirli. Se nelle storie classiche di Wonder Woman abbiamo un Ares come nemesi, qui ne è alleato, una figura quasi paterna che addirittura cede il suo trono a lei. Anziché cadere sul banale, quindi, la scelta è ricaduta sull'introduzione di un nuovo villain: il Primogenito, appunto. Primo figlio di Zeus ed Era, il primo decide di esiliarlo quando viene a sapere che questi potrebbe spodestarlo dal suo trono; questo però non basta a fermare il Primogenito il quale prima dichiara guerra all'Olimpo scatenando una carneficina e poi viene esiliato da Ade e Nettuno al centro della Terra, dove per settemila anni scava fino alla superficie e fa il suo ritorno. Perché è un personaggio riuscito? Perché la prima regola di un villain perfetto è che questo debba essere la versione opposta all'eroe protagonista, e qui viene rispettata alla grande. Non mancano le somiglianze tra i due personaggi: entrambi lottano per la verità e la coerenza di sé stessi, con la differenza è che se Wonder Woman è mossa dall'amore e dalla compassione, il Primogenito vive solo di odio. Se pur banale, la contrapposizione dei due personaggi vi è anche nelle piccole cose: Diana è conosciuta con il suo nome, come Regina delle Amazzoni, Dea della Guerra, Wonder Woman.. mentre il Primogenito non ha un nome. Aspetto messo in risalto stesso da Azzarello in maniera del tutto spudorata, ma ecco sono anche queste piccole cose che danno la loro impronta incisiva!

Scelte stilistiche.
Se Azzarello nella sceneggiatura ha cercato di tener fede al mito greco raccontandoci le bizzarre avventure narrate nei canti antichi, lo stesso i disegnatori han cercato di restare coerenti con quanto cercato di fare nell'opera in toto. Il disegnatore di punta, Cliff Chiang, accompagna Wonder Woman sin dagli inizi, alternandosi con Toni Akins, Kano e tantissimi altri che insieme tentano, anzi riescono perfettamente a dare dei tratti "greci" ai disegni, quasi a rivivere delle raffigurazioni dell'epoca ma a fumetti. Menti poco squadrati, nasi a punta, profili ben studiati... insomma, ci siam capiti. Le scelte stilistiche, ad ogni modo non si fermano qui, perché sempre a livello di sceneggiatura Azzarello riesce a spaziare anche in una piccola parentesi "classicheggiante" da fumetto Golden Age nel numero zero, dove vengono narrate le avventure della giovane Diana dando l'impressione di leggere appunto un fumetto anni '50. Piccole chicche anche nei tratti di alcuni personaggi: se il personaggio di Milan, Brian Azzarello ha dichiarato chiaramente di aver omaggiato il jazzista Wesley Willis, il disegnatore Cliff Chiang ha bizzarramente omaggiato Azzarello stesso dando ad Ares le sue stesse sembianze.

In definitiva.
Ecco, non credo ci sia bisogno di dare un parere definitivo. Ho decantato le lodi di questa run dall'inizio e dire che mi è piaciuta è riduttivo. Molti, spulciando vari commenti in rete, non sono rimasti contenti di questa run perché ha abbandonato i toni classici di Wonder Woman, dando più spazio al Pantheon che ai vari villain storici come Cheetah, Giganta o il Dr. Psycho. Sicuramente ne abbiam sentito la mancanza, Wonder Woman ha ben pochi nemici carismatici, ma quei pochi fanno, per così dire, la loro porca figura, io stesso vorrei vedere più storie con Cheetah e Giganta, ma sticazzi. L'opera di Azzarello è qualcosa di unico, un qualcosa che ha ridefinito Wonder Woman per quello che è in realtà, stiamo pur sempre parlando di un'eroina che ha le sue origini nella mitologia greca, il fatto di aver esplorato questo suo aspetto rende già di suo interessante questa run, il modo lineare e coerente rende tutto perfetto. Ogni avvenimento, ogni personaggio che appare anche per una sola pagina ha la sua finalità (il Minotauro!!!) e se nel finale mi è scappata una lacrima non ho vergogna di dirlo. Quindi, voglio chiudere questa recensione allo stesso modo con cui Brian Azzarello ha concluso la sua run.

GRAZIE.

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