Le due bambine non crebbero di certo in un clima tranquillo;
cresciute in fasce dalla loro zia, che morì poco dopo che le bambine
compiessero due anni, furono poi affidate dal padre alcolista, il quale le
lasciava spesso e volentieri in compagnie di donne di facili costumi. Le due
sorelle crescevano quasi ignorando che quel mondo fatto di gente eccentrica,
sbandata e decisamente poco affidabile fossero il “lato brutto” della società;
non essendo mai uscite dal loro quartiere, non potevano sapere cosa ci fosse al
di là dell’incrocio che il padre espressamente vietava alle due di visitare.
Le due bimbe crescevano l’una sulle spalle dell’altra, le
loro uniche amiche erano le prostitute e le tossiche, delle giovani ragazze
adolescenti che erano finite per un motivo o per un altro sulle strade a
battere. Le storie che si sentivano raccontare per andare a dormire, erano
racconti di sesso, droghe e omicidi; racconti che a qualsiasi bambino avrebbe
inciso in maniera negativa, ma non a loro. All’età di 8 anni, con la scomparsa
del padre, le due iniziarono a frequentare spesso il “mondo esterno”, per la
precisione, il parco giochi situato a due passi da casa loro; chiunque le
guardasse, si chiedeva cosa ci facessero due ragazzine così piccole, con l’aria
innocente, da sole in un posto malfamato come quello. E di fatti, non si fece
aspettare il primo pedofilo, che, intenzionato a portarsi a casa almeno una
delle due gemelline, provò ad avvicinarsi alla più piccola offrendole un
gelato, approfittando dell’assenza momentanea della sorella. Sarebbe potuta
andare molto peggio, quella volta, ma in quell’occasione la fortuna assistette
la ragazzina che venne salvata da Lucy, una giovane prostituta molto vicina
alle due ragazze (e che talvolta fungeva anche da insegnante privata), che
portò le due sorelline con sé e diede loro dei coltelli mettendole in guardia
dei pericoli che avrebbero potuto trovare nel quartiere.
Quei coltelli, furono la loro rovina.
La più grande era solito fissare il coltello, come se ne
stesse studiando la forma, mentre l’altra iniziò ad usarlo per infilzare
qualsiasi cosa trovasse a tiro, provando un morboso piacere nello sbudellare
gatti. Quando la più grande scoprì cosa stesse facendo la sorella, tentò di
fermarla, salvando un piccolo gattino (ma, ahimè, non il suo occhio), che da lì
divenne il suo miglior amico. Quell’evento, cambiò definitivamente il loro
rapporto. Le due bimbe diventarono ragazzine, e con l’uscita dalla fase
infantile in quella adolescenziale, i loro interessi iniziarono a mutare. A 13
anni, persero la verginità assieme, nello stesso momento, con lo stesso uomo.
Una semplice dimostrazione di quanto le due fossero unite. Ma in realtà, tra le
due c’era parecchia rivalità, soprattutto per parte della più piccola. Al loro
15esimo compleanno, decisero di uscire finalmente dal loro quartiere.
Raccattarono qualche soldo rubandoli dalle borse delle loro “amiche”, e presero
la metro. La serata non fu delle migliori. Vestite proprio come prostitute,
perse nella metro di Londra, furono fermate da un gruppo di ragazzi che
tentarono uno stupro di gruppo. Non andò come sperato. Le due non avevano mai
smesso di girare con i coltelli, e non ebbero paura di utilizzarli. Soprattutto
la più piccola delle gemelle. Se la prima uccise gli assalitori con precisione
quasi chirurgica, per fare in modo di non sporcarsi di sangue, l’altra non
aveva problemi a sgozzarli senza pietà, e a infierire ulteriormente su di loro
una volta a terra; provava una morbosa eccitazione, nell’omicidio. La sorella
la fermò in tempo, e la convinse di forza a tornare a casa, dove ebbero una
lite molto accesa che finì con l’uccisione del povero gatto, ancora in vita da
quello spiacevole incidente di pochi anni fa. La sorella, era colma di rabbia,
ma si trattenne e non mosse un muscolo, mentre l’altra, resasi conto del suo
errore, prese in braccio la carcassa del micio, corse di fuori, e lo seppellì
nel parco. La sorella la seguì, ma non proferì parola. “Scusa…” mormorò la
ragazza, con la voce rotta dalle lacrime. Non ricevette risposta, le due
tornarono a casa. Dinnanzi la porta di casa, trovarono una sorpresa: un uomo
robusto, con barba incolta e capelli bianchi, fermo ad aspettarle. Si avvicinò
poi alle due, e mise una mano sulla spalla alla gemella più grande.
“Vi ho visto, alla metro. Ho visto cosa avete fatto a
quegli uomini. Lo hanno visto tutti. Non sapevate delle telecamere, vero? No, ovviamente.
Come potevate, cresciute in un modo barbaro come questo? Eppure, la barbaria
stessa può diventare raffinata. Voi non meritate di marcire in prigione. Avete
un dono. Vedete il mondo in maniera differente, e questo vi rende speciali.
Presto verranno a cercarvi, e le vostre abilità verranno sprecate in maniera
indecente. Venite con me. Vi mostrerò la via della perfezione, vi aiuterò a migliorare
ciò che realmente siete”. Disse l’uomo, con le due ragazze che lo fissarono
come pietrificate.
Una pattuglia passò nelle vicinanze. Non c’era tempo per
decidere. Presto o tardi le avrebbero trovate. Queste due ragazze, senza nome e
identità, dovevano prendere una decisione: vivere da criminali per tutta la
vita, o scegliere di unirsi a quest’uomo misterioso. La scelta finale, si può
facilmente dedurre.
Scoprirono che l’uomo in realtà era uno dei maestri di
un’antica setta segreta di assassini al servizio di uomini potenti. Una sorta
di organizzazione mercenaria al servizio di politici e figure di spicco
dell’alta società inglese, o almeno era così che l’uomo la descrisse. Le due
gemelle affinarono l’arte nell’uso dei coltelli; i maestri insegnarono loro
come essere silenziose, letali, e precise. Dieci maestri, insegnarono loro
l’arte di uccidere.
La ragazza più grande era la preferita del Gran Maestro;
con i suoi movimenti sinuosi, felini, quasi “graziosi”, mischiata ad una
capacità naturale di rendere un omicidio pulito, preciso, divenne l’assassina
perfetta. L’unica rivale, era proprio sua sorella, che peccava di un
comportamento fin troppo impetuoso; era sin da piccola che era desiderosa di
sangue, di uccidere, e questa sua passione per la violenza si trasformò in una
vera e propria perversione. Ciò la spinse, in età matura, a divenire l’amante
dell’uomo che recuperò lei e sua sorella dalla strada. Le due sorelle, si
separarono proprio per colpa di questa unione; era la prima volta che non
condividevano qualcosa assieme. Il loro legame si spezzò, la rivalità tra le
due stava finalmente per prendere forma. Nella testa della gemella primogenita,
tale atto era visto, tuttavia, in maniera più chiara e limpida: conosceva sua
sorella, sapeva che il suo era un atto di trasgressione, che in realtà aveva
iniziato ad odiarla, e che sentiva la necessità di distaccarsi da lei, e fare
di tutto per riuscirci. Lei voleva salvarla, perché sapeva che allontanandosi,
la sorella non sarebbe durata a lungo.
La mattina del loro 23esimo compleanno, ci fu una festa
atta a festeggiare il loro ingresso ufficiale nella loro setta. Le due migliori
assassine dopo decenni, tuttavia, non potevano coesistere, non potevano essere
allo stesso livello, necessitava la presenza di un superiore e del suo secondo.
Necessitava una sfida. La sorella minore, non vedeva l’ora di affrontare il suo
stesso sangue; da tanto aspettava quel giorno. Ma tanta preoccupazione c’era da
parte dell’altra, e questa traspariva agli occhi di tutti. La sfida, ebbe
inizio. Iniziarono con una serie di colpi a vuoto, atti a “sgranchirsi” prima
di iniziare la vera lotta; la primogenita non era sicura di ciò che stava per
fare, ma l’altra sì: farle male, forse sarebbe arrivata anche ad ucciderla. Un
colpo, sulla spalla. Uno solo, causò una lieve ferita. Capì che la sorella
minore stava facendo sul serio; questa iniziò ad attaccarla con veemenza, e la
sorella, in preda al panico, chiuse gli occhi, la disarmò, e la buttò a terra
con solo due semplici mosse. Una volta a terra, prese il coltello e glielo
poggiò alla gola. “Sorella, basta”. Il Gran Maestro, aveva visto abbastanza.
Nominò la primogenita caporale, senza volere ulteriori dimostrazioni, e
tuttavia, la sorella sarebbe rimasta la sua seconda.
Questa situazione, non le andò a genio, ma la affrontarono
come tutte le altre cose. Fu un anno intenso, persero il conto di quante
persone uccisero. Molte di loro era gente altolocata, ben vestita e dell’alta
società, ma c’erano quei rari casi in cui le vittime erano solo dei poveri.
Spesso, erano anche costrette a far fuori dei bambini innocenti, e anche se
indossavano una maschera, la sorella maggiore sapeva perfettamente che sotto di
essa, sua sorella rideva. Godeva, nell’uccidere, e non le importava chi fosse.
Una sera, si fermò a guardare fuori dalla finestra, presa dai suoi pensieri.
Quell’uomo che li prese dalla strada, l’amante di sua sorella, si avvicinò, e
le chiese che cosa avesse. Ebbe anche la sfacciataggine di parlarle affermando di
essere “come un padre” per lei.
“È mia sorella. Ho paura per lei. Ho sempre saputo chi
fosse, siamo l’una parte dell’altra, abbiamo vissuto assieme per tutta la vita,
e so esattamente cosa pensa e cosa prova, in ogni istante della giornata. Ma,
per quanto gemelle, io e lei abbiamo reagito in maniera differente alle
avversità della vita. Questa vita, non mi appartiene. Forse nemmeno a lei,
anche se a volte mi rendo conto di come uccidere sia la sua unica ragione di
vita. Io non ho mai voluto questa strada. Tutta la mia vita, sono stata a
proteggere mia sorella. Da piccola, aveva questa strana fissa con lo scuoiare
gatti; ne salvai uno. Era Felix, il mio migliore amico. Mi seguiva ovunque, e
credo che io fossi l’unica persona che quel gatto che avesse mai amato. Ne
passò veramente tante. Gli diedi la forza di andare avanti; quando lo trovai
era messo male, pensavo sarebbe comunque morto di lì a poco, e invece con la
mia presenza, lui si riprese e decise di lottare per vivere. È vissuto per
tanti anni, fin quando mia sorella non lo uccise per una stupida lite. Fu la
stessa notte in cui incontrai te. Quella notte, smisi di amarla. Giuro… non ce
la faccio più a guardarla negli occhi. La odio. Eppure, rimane sempre mia
sorella, e sento di volerla aiutare. Quella notte, la seguii senza proferire
parola, fino al giardino in cui seppellì Felix. Non perché volevo dirle che non
mi importava, e che la volevo perdonare… in realtà, ero lì per proteggerla. Non
volevo che qualcuno le facesse del male. Volevo esserci, per lei. Per questo ho
seguito lei fin qui, in questo posto. Volevo seguirla, proteggerla. Volevo
restarle vicino, convinta che potessi persuaderla, e darle uno scopo di vita,
come feci con Felix. Ma, così facendo, ho tolto la vita a me stessa, e non sono
riuscita a salvarla”.
L’uomo le disse che non era colpa sua, e che lei ormai era
diventata migliore di sua sorella. Frasi di circostanza. L’uomo non aveva la
benché minima idea di cosa avesse detto la ragazza finora. Provò a baciarla sul
collo, ma prima ancora che la ragazza (che aveva un’aria molto infastidita)
potesse girarsi e allontanarlo, entrò la sorella che gli conficcò il coltello
nella schiena. Lo estrasse e lo colpì ripetutamente. “No, basta! Fermati!”
disse la sorella. “Stà zitta, ne ho anche per te!”, rispose. La immobilizzò a
terra, e iniziò a farle scivolare il coltello sul viso, fino a fermarsi
all’occhio. “Amavi quel gatto più di tua sorella, allora?” disse con le lacrime
agli occhi, ormai aveva perso la ragione. “Forse ti sentirai più a tuo agio se
assomigliassi più a lui che a me”. Le strappò via l’occhio e lo schiacciò tra le
dita. “L’ordine mi disconoscerà. Sarò esiliata, alle buone, ma io credo
opteranno per darmi la caccia. Ho ucciso uno dei Maestri, è alto tradimento.
Spero che sia tu a darmi la caccia, sorella”, disse andando via pulendo il
coltello con uno straccio, lasciando la sorella sanguinante a terra, senza
occhio.
Come predetto, l’Ordine dichiarò guerra alla ragazza,
incaricando personalmente la sorella di occuparsene. Non solo, sapeva della
setta, ma rischiava di mettere al servizio di persone inappropriate quanto
appreso tra quelle mura. Ciò non poteva accadere, secondo il loro Codice. Lei
accettò, a malincuore. Non poteva fare altro.
La caccia durò anni, 3 per l’esattezza. Scoprirono che si
nascondeva in una locanda in Norvegia, lontana da occhi indiscreti. Fece
l’errore di lasciare il marchio di fabbrica degli assassini che la
addestrarono, era questione di tempo prima che arrivassero a lei seguendo le
sue tracce. Nei primi tre mesi, fu inattiva. Decise di guadagnarsi da vivere in
maniera onesta, adoperando una parrucca e degli occhiali, lavorando in un pub
inglese; la notte, condivideva la camera con alcuni studenti, trovata dopo che
la ragazza “persuase” uno di questi facendosi offrire un rifugio. Racimolato
qualcosa, girò l’Inghilterra, guadagnandosi da vivere in modo pulito. Quando
riconobbe un membro della setta, capì che le stavano alle costole, e che forse
erano arrivate a lei da molto tempo. Molto probabilmente, la sorella decise di
farle guadagnare tempo e non attaccarla subito. Decise di scappare, e si
imbarcò di nascosto sulla prima nave che trovò; lì ebbe la fortuna di
incontrare un ricco uomo che la nascose nella sua cabina, attirato dalle forme
della ragazza. La nave era diretta in Norvegia, dove l’uomo aveva una grande
villa. Forse, trovò la fortuna di sistemarsi a vita. L’uomo, se pur non
affascinante, godeva di una certa ricchezza che a lei faceva molto comodo, e
anche di parecchi “amici di famiglia” che trovava molto interessanti. Fece la
bella vita per 2 anni e mezzo, fin quando un giorno, origliò una conversazione
tra l’uomo e uno dei suoi più fedeli amici. Parlavano di uccidere qualcuno.
L’amico, era in guai seri con l’amante e cercava chi potesse uccidere sua
moglie per lui; lui lo liquidò in malo modo, dicendo che non si sarebbe mai
immischiato in certe faccende, ma altro discorso era per la sua “compagna”.
Scese in giardino di nascosto, e si avvicinò all’uomo
senza farsi vedere. Entrarono in auto e le propose l’affare. Due milioni, per
uccidere la moglie e farlo sembrare suicidio. I due trattarono, e trovarono un
accordo. Fece il lavoro in maniera pulita, ritrovò l’antico piacere
dell’omicidio, e fu ripagata. Ma fece un grosso errore: fare in modo che si
spargesse la voce sul suo conto. In 6 mesi, ricevette un discreto numero di
offerte, ma l’inesperienza ripagò a caro prezzo: lasciò tracce riconducibili a
lei alla polizia, e cosa ancor peggiore, alla setta.
Di fatti, a Londra, avevano occhi e orecchie bene aperti,
e le modalità di quegli omicidi erano chiaramente sul loro stile di agire. Bastava
dare un’occhiata ai minimi dettagli. Sua sorella, quindi, partì per la Norvegia. Quando
finalmente trovò la sua abitazione, dopo mesi di ricerche, fu battuta dal
tempo: la polizia aveva già fatto irruzione poche ore prima. Numerosi cadaveri
erano presenti in casa. La ragazza, insanguinata e con una katana tra le mani,
uscì allo scoperto e sorrise quando vide la sorella. “Oh, sorellina cara. Quasi
ti avevo scambiato per il tuo gattino. Sei venuta qui a fare cosa? Salvarmi?
Oppure uccidermi?”.
- “Ho smesso di cercare di salvarti molto tempo fa. Ormai,
sei già persa”, rispose la sorella.
- “In quanti siete, lì fuori? Centinaia? Mille? In dieci?”
- “Solo io. Mi hanno incaricato di ucciderti
personalmente”
- “E sono così sicuri che tu ce la possa fare? AH AH AH!”
La primogenita socchiuse l’unico occhio che le rimase, pronta
a parlare, ma la sorella la attaccò ferocemente, spingendola a tirare fuori il
coltello. Coltello contro katana. Incredibilmente, la sorella riusciva a
tenerle testa, sebbene la sua lama fosse decisamente più piccola. Quello che ne
seguì, fu una battaglia all’ultimo respiro, dove nessuno riuscì a spuntarla. Si
ferirono a vicenda, persero tanto sangue, ma erano alla pari. “Io non ti
ucciderò. Ma non ho intenzione di salvarti”, disse la sorella maggiore. “Puoi
solo salvare te stessa. Io ne ho abbastanza. Avevo intrapreso questo viaggio
solo per dirti questo, ma tu… sembra che non voglia ascoltarmi. A questo punto
va bene così. Ho addosso il marchio del mio… del tuo fallimento, e per me è sufficiente”.
“Sai… se solo tu decidessi di fingerti morta, e iniziare
da capo la tua vita, mi darebbero l’opportunità di lasciare l’Ordine. Ho
giurato fedeltà, e ho avuto modo di dimostrare la mia fiducia a loro. Si fidano
di me. Se ora torno a mani vuote, e tu resti in vita… mi aspetta la morte”.
Rimase ferma dando le spalle alla sorella, quasi come se
fosse in attesa di una ulteriore attacco alle spalle. Ma la reazione fu
inaspettata. “Siamo già morte. Dal momento in cui siamo state messe al mondo.
Non c’è niente di vivo. Siamo morte, questa è la verità”. Disse la sorella,
lasciando scivolare la katana per poi andarsene. Una lacrima sul volto della
primogenita scese lentamente, mentre la sua gemella spariva nell’ombra.
Tornata a Londra,
fu accolta da una suora, in realtà una sua compagna della setta in incognito.
“Ti aspetta la morte”, disse. “Non so quando, ma il Gran Maestro vorrà esserci
di persona. Penso voglia…. Ascolta, mi ha detto che ti aspetterà in un luogo
pubblico, a te molto importante. Così ha detto. Io non so altro. Sei stata un
grande leader. È stato un piacere combattere al tuo fianco”. Un abbraccio
inusuale. Sapeva donare voglia di vivere.
Il messaggio, era tuttavia chiaro. Il parco dove lei e la
sorella giocavano era il luogo che più significava per lei. Lì, oltre ai
ricordi gioiosi della sua infanzia trascorsa con la gemella, era seppellito
anche il suo migliore amico, Felix. Il quartiere era più silenzioso del solito.
Probabilmente era evacuato. Il Gran Maestro non si fece attendere, e si
presentò davanti alla ragazza.
“Qui fosti concepita. Due giovani consumarono il proprio
amore proprio qui, in questo parco. Poco più avanti, sei stata data alla luce
con tua sorella. Una delle due, uccise sua madre, al momento del concepimento.
L’altra, nacque quando essa era già morta. Come faccio a saperlo, non è
mistero. La Setta
ha occhi ovunque, e tu e tua sorella siete state osservate molto da vicino.
Nulla, nella vostra vita è stato casuale. Il vostro destino era già stato
scritto dal momento in cui la morte fu fonte della vostra vita. È questo il
nostro segreto, ed è questo che rende speciali i nostri adepti. Ognuno di noi è
nato dalla morte stessa. Ma voi siete speciali; voi, personificate la Morte stessa. La Morte dello spirito,
nell’animo, nell’essenza stessa. Ma tu, mia cara, sei ancora più speciale. Tu
sei capace di dare Vita a chi ti sta attorno; quella vita che tu stessa strappi
dalle tue vittime. E tu, figlia mia, sei l’assassina perfetta. Racchiudi Morte
e Vita, e hai doti naturali per donare entrambe. Persone come te, nascono una
volta ogni millennio. Sei la prescelta!”
“Io non ho questo dono”, esclamò la ragazza. “Avrei
salvato mia sorella, se lo avessi avuto realmente”.
“No, mia cara.”, replicò il vecchio. “A discapito di
quanto ti hanno voluto far credere, sei sempre stata la secondogenita, quella
nata dalla Morte. Non puoi apprezzare qualcosa, se non te la si strappa via.
Tua sorella, ha ucciso tua madre, ed ha servito al suo scopo: far nascere te, e
renderti ciò che sei! E non puoi salvarla, perché non c’è niente da salvare, in
lei!”
Le parole del vecchio erano pieno di delirio, e la ragazza
non le accettava. Erano solo un mucchio di stupidaggini. “A me non importa di
nessun altro, se non di mia sorella”, disse. “Devi ancora comprendere il
significato del Grande Disegno, figliola”, rispose l’anziano. “E non le
comprenderò mai. Non voglio farlo, perché ai miei occhi sono un mucchio di
grosse puttanate!”
L’anziano scosse la testa, e fece un cenno ai suoi uomini,
che in tutta fretta portarono la gemella, legata. “Speravo tu fossi pronta per
condividere il tuo dono con noi”, disse il vecchio, “Ma credo che tu debba
ancora decidere da che parte stare. Ora, hai di fronte l’ultima prova: donerai
Vita o Morte? Quale scelta, secondo te, porterà tua sorella alla salvezza?”
La ragazza rimase a fissare la sorella in silenzio, che a
sua volta era in lacrime, e spaventata. Guardò il luogo dove era sepolto Felix,
e poi di nuovo la sorella. Chiuse l’occhio, e pensò. “Scegli saggiamente”,
disse il vecchio. Il silenzio fu lunghissimo, durò parecchi minuti. L’unica
cosa a spezzare quel silenzio, era la pioggia. Dopo vari minuti, la ragazza
parlò.
“Sia ben chiaro. Non credo a tutte queste cazzate, e mi
rifiuto di credere che io sia destinata ad un ruolo superiore. Io non sono Dio,
e non spetta a me decidere chi vive o muore. Io non sono la personificazione di
un bel niente. Sono una ragazzina strappata via alla Vita, e che ha passato la
sua intera esistenza a cercare di aiutare la propria sorella. Avrei potuto
scegliere una vita migliore, onesta, nonostante gli sbagli che avrei commesso,
ma ho scelto di stare al fianco di mia sorella, per salvarla. Per darle uno
scopo di vita. Quando la strappò via a Felix, interpretai quel gesto come un
totale disprezzo verso di essa. Ma, mi rendo conto che lei non è mai stata
attaccata a tutto ciò. Ed è solo oggi, quindi, che tutto ciò può avere
realmente valore, ed incidere positivamente su di lei. Ho dato via me stessa
per lei, e un ultimo gesto estremo potrà soltanto donarle consapevolezza; se
andrà male, il mio sarà un gesto esclusivamente egoista, poiché io non ce la
faccio più, a vivere in questo modo. Ogni ragazzino ucciso, diamine, anche ogni
porco riccone che uccido… se ne va via un pezzo di me. L’unica cosa che posso
fare, è aiutare mia sorella. E chiedo un ultimo favore, e so che lo manterrete
perché credete nell’onore: cancellate il suo tradimento, datele nuova identità,
e lasciatela in pace. Merita una vita lontano da tutto questo male. Che impari
a vivere, con questo mio ultimo atto. Uccidetemi, perché è ciò che voglio. Per
me, e per mia sorella”
L’anziano fece cenno con la testa, visibilmente
addolorato. “Così sia”, disse. Gli uomini chinarono il capo della donna, ed
estrassero una spada. La sorella, con le lacrime agli occhi, chiuse per la
prima volta i suoi occhi di fronte ad una scena del genere. Per la prima volta,
pianse, non vide la testa della sua gemella rotolare a terra. Smise di godere,
all’odore del sangue. L’anziano e i suoi adepti andarono via, ordinando di
slegare la ragazza, che rimase in ginocchio, piegata su se stessa, a piangere.
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