La guardavo tutte le mattine alla
fermata del bus.
La notai perché rispecchiava il
mio gusto per le ragazze “alternative”.
Capelli tinti color verde acqua, magra, poco
seno.
Non ricordo gli occhi, perché sono una di quelle persone che non ci da
importanza.
C’è chi dice siano lo specchio dell’anima, ma
io noto ben altro.
Di fatti, notai il suo portamento
composto.
Da ragazza educata, “a modo”.
Ne ebbi conferma quando la sentii
parlare in perfetto italiano, con alcune sue amiche.
Non so chi fosse, vorrei saperlo.
Eravamo al terminal
dell’università. Lei eri di fronte a me, a studiare.
Indossava dei leggings, degli
anfibi e un completino bordeaux.
Era proprio graziosa.
Non so
perché ho questo termine in mente.
Potrei dire che era bella, ma no. “Graziosa”
è quello che sento più appropriato a lei.
Potevo avvicinarla. Volevo farlo.
E dirle che pensavo fosse molto bella.
Ma il mondo è una merda, e io non
so come qualcuno potrebbe reagire, se mi presentassi così.
Se fossi sembrato idiota? Se mi
avesse riso in faccia?
O se anche avesse apprezzato,
avrebbe avuto senso quell’approccio?
Oggi, provo a immaginare una
scena in cui io ho il coraggio di avvicinarmi.
In maniera molto impacciata, le dico che è molto carina.
Lei mi guarda con aria stranita,
ma poi mi sorride. Mi trova adorabile.
E io inizio a parlare a ruota,
per far vedere che non sono solo un ragazzo timido e impacciato.
Poi non so come va a finire.
Pensarci mi fa star male.
Dio, eri così bella…